Testo a cura di Ivana Mulatero
I primi disegni di Mario Davico, nato a Torino il 18 marzo 1920, s’intrecciano con i fili di lana sottile del ricamo “bandera” (una sorta di “pittura ad ago”), professione nella quale la madre era maestra con diploma d’onore dell’Esposizione Internazionale di Torino del 1911.
Ancora allievo all’Accademia Albertina con la guida di Enrico Paulucci, espone nel 1942 alla Promotrice di Belle Arti le prime nature morte dove la tramatura delle forme echeggiano i modelli pittorici riconosciuti, da Spazzapan a De Pisis. Nell’immediato dopoguerra, Davico diviene assistente alla prima cattedra di Pittura all’Accademia Albertina (incarico che terrà fino al pensionamento), e negli stessi anni accosta le composizioni di Picasso e di Braque da cui trae una trattazione astratto-geometrica dello spazio pittorico.
Alla Biennale veneziana è ammesso fin dalla edizione del 1948, tornando poi a quelle del 1950, del 1952, del 1956, del 1958 e nel 1962 con una personale. Nelle prime importanti esposizioni collettive – Quadriennale di Roma del 1948, I° Internazionale dell’Art Club, le rassegne “Pittori d’oggi. Francia-Italia”, “Gran Premio Saint-Vincent” – Davico espone opere “astratte” evocative di strutture artificiali, facendo emergere il trattamento sensibile della superficie pittorica e la dinamica raffinata del colore.
La sua opera non aderisce alle teorizzazioni concretiste ma elabora un personale “astrattismo lirico” di cui rappresenta in Italia uno dei vertici riconosciuti. Dalle caratteristiche forme ovoidali di grande purezza e forte connotazione araldica, nasce sul finire del decennio Cinquanta il ciclo degli “Assoluti” in cui è soprattutto il colore, aspetto mai secondario della sua opera, a diventare protagonista, in stesure finemente tessute dove esilissimi e tenaci segni ad arabesco affiorano dai pigmenti cristallini.
Tutta la vita di Davico si concentra sulla pittura, che vorrebbe “assoluta”. La scelta di un’inappellabile stile di vita con una solitudine meditativa e una operatività appartata, conduce il pittore a esporre raramente le sue opere in pubblico. Dopo la mostra antologica all’Accademia Albertina di Torino del 1994, Davico continua a lavorare fino all’ultimo. Si spegne nella sua amata casa-atelier torinese il primo gennaio 2010.